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Mimmo Sorrentino

CATTIVITA'

Un film di Bruno Oliviero, Mimmo Sorrentino e Luca Mosso
Prodotto da Quality film (Amedeo Letizia e Mariella Li Sacchi)
Produttore associato: Cooperativa TeatroIncontro
Con il contributo di Mibact

Un gruppo di donne, in carcere di Alta Sicurezza per Mafia, mette in scena i racconti della propria infanzia.

La parola che emerge svela con la sua forza le loro vite non vissute.

Un nuovo sguardo sul fenomeno mafioso: il racconto del patto generazionale che trasforma le bambine in donne in Cattività.

SINOSSI:
Nel reparto femminile di alta sicurezza di un carcere del Nord Italia, un gruppo di donne di mafia (camorra, ‘ndrangheta, cosa nostra) d’alto rango stanno per mettere in scena uno spettacolo basato sui racconti della loro infanzia.
Il percorso verso le origini di ciò che le ha portate in carcere, di ciò che le ha rese quello che sono, smuove le loro viscere e cambia gli equilibri del loro essere. La crisi, inevitabile, arriva insieme al successo del loro spettacolo, che viene rappresentato all'Università Statale e nei teatri di Milano, Torino e Roma.
È la prima volta che in Italia viene concesso a donne di mafia di fare uscite sotto scorta per motivi diversi dai processi. L’incontro con spettatori, studenti e studiosi del fenomeno mafioso, le mette di fronte alle loro responsabilità. È difficile
rinnegare la Mafia, le origini; ma se le origini sono ferali e violente e se sul palco urlano il dolore che hanno provato da bambine in quei contesti di violenza, allora ancora una speranza c’é. Anche se ancora in gabbia.


NOTA:
Quando Mimmo Sorrentino ci ha raccontato cosa stava facendo con le donne del reparto di Alta Sicurezza del carcere di Vigevano abbiamo pensato che stava accadendo qualcosa di nuovo nel racconto della Mafia nel nostro paese. Nell'esperimento di scrittura partecipata si raccontava il passaggio dall'età dell’innocenza all'ingresso nella società ferale e violenta della mafia. Una società di privazioni emotive guardata dal punto delle bambine.
Quando siamo andati in carcere ci siamo resi conto che c’era anche un altro spazio di novità, una gabbia diversa da quella che le racchiudeva nel carcere. Una gabbia che nel liberarle le costringeva a pensarsi nel profondo, a mettersi in discussione. Le sbarre della loro realtà di bambine che cercavano di spezzare. Così abbiamo lavorato sul racconto, senza soluzioni di continuità e cesure, senza segnalare i passaggi tra ciò che è realtà e ciò che è racconto, ciò che è spettacolo o pausa, prova o vita, ciò che è reale e ciò che è finzione.

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